L’emicrania é una patologia molto diffusa e invalidante: colpisce il 12% degli adulti in tutto il mondo, con una prevalenza tre volte maggiore nelle donne.
Questo incontro sul territorio è l’occasione per dare rilievo a questo tema, facendo luce sulle sue ricadute in tema di salute personale ma anche di impatto sulla società.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità l’ha inquadrata come la seconda patologia più disabilitante per il genere umano e la terza più frequente.
Si presenta con un dolore acuto o pulsante nella parte anteriore o su un lato della testa.
L’attacco può salire di intensità, estendersi fino a fronte e tempie, ed essere accompagnato da molti altri sintomi variabili da persona a persona, spesso insopportabili.
Può durare poche ore o giorni.

L’emicrania ha un forte impatto
-sulla qualità della vita
-sui costi diretti e indiretti sostenuti dalla società.

GeMa (Gender&Migrain) è lo studio compiuto dal Cergas (Centre for Research on Health and Social Care Management dell’Università Bocconi di Milano) su un campione di 607 pazienti adulti con almeno 4 giorni di emicrania al mese. (La rilevazione è di giugno 2018).
Ecco i risultati:
“Le donne italiane soffrono di emicrania più degli uomini (4 milioni di donne rispetto a 2 milioni di uomini), perdono più giorni di lavoro (16,8 l’anno contro i 13,6 dei maschi) e giornate di vita sociale (26,4 contro 20) e sono maggiormente soggette a giornate in cui si presentano al lavoro in condizioni di malessere [presentismo] (51,6 giorni contro 35,6). A causa di un reddito inferiore a quello dei maschi, però, spendono meno per diagnosi e cura (1.132 euro l’anno contro 1.824) e riportano una perdita di redditività minore.
Le donne sembrano essere vittime dei numerosi e fondamentali ruoli che ricoprono a livello sociale. Non possono concedersi di assentarsi dal posto di lavoro o accantonare le tradizionali mansioni domestiche»
Avendo poi un reddito mediamente inferiore a quello degli uomini, rinunciano a visite ed esami, ai farmaci non dispensati dal Sistema sanitario nazionale, ai trattamenti non medici e a ricevere assistenza formale.
A partire da queste evidenze, lo studio si propone di supportare lo sviluppo di politiche sanitarie e socio-sanitarie differenziate rispetto al genere, con l’obiettivo cioè di colmare il gap esistente in una logica di equità redistributiva».

Parliamone e informiamoci, per aumentare la consapevolezza e la rete di supporto sociale a favore delle donne e di tutta la comunità.

Dott.ssa Laura Piccini

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