Si è svolto a Pisa il 17 e 18  settembre scorso il Terzo Congresso Nazionale Sirca (Società Italiana Ricerca Cannabis) dal titolo “L’Officina di Galeno – Farmacie sociali, cannabis medica, e sistema sanitario”.

L’appuntamento (organizzato da Farmacie Comunali Pisa, Sirca, Assofarm e UEFS-Unione Europea delle Farmacie Sociali) ha riunito esperti provenienti da tutta Italia in due giorni di full immersion nell’intricato e discusso tema dell’utilizzo della cannabis in ambito medico e sanitario.

Di cosa stiamo parlando?

La parola Cannabis richiama inevitabilmente lo scenario dell’uso così detto ricreativo, con annessi spinelli e hashish, mercato illegale e un certo stile di vita.

Niente di più lontano dalla realtà, quando parliamo di Cannabis medica.

La Cannabis medica è un prodotto vegetale di uso terapeutico, costituito dalle sole infiorescenze femminili della pianta, dotato di caratteristiche chimiche, fisiche e microbiologiche ben definite e di massima qualità. E’ definita in Farmacopea come Cannabis flos. Stiamo parlando quindi di un medicinale, un prodotto tutto diverso dalla cannabis ricreativa, o marijuana, di cui il consumatore non conosce nulla su provenienza, composizione e qualità.

Approfondendo questa definizione, scopriamo che per ottenere la rigorosa qualità necessaria (qualità di grado farmaceutico) non si parte certo dai semi, tanto meno da una coltivazione in campo aperto: la coltivazione avviene esclusivamente in stanze al chiuso, da cloni della pianta madre ottenuti per talea, con un processo standardizzato e monitorato costantemente sotto tutti i punti di vista, inclusi illuminazione, temperatura, umidità, nutrimento e idratazione, fino al momento della raccolta, secondo cicli standardizzati.

Nulla può essere lasciato al caso per ottenere un raccolto di infiorescenze che abbiano esattamente tutte le caratteristiche necessarie ad essere immesse in commercio come materia prima farmaceutica.

Ci si domanderà allora se esiste un solo tipo di Cannabis medica.

Fortunatamente no: la ricerca botanica affianca costantemente questa produzione, con tutte le figure professionali che si occupano di identificare e sviluppare varietà di Cannabis con composizioni che si ipotizzano efficaci a livello terapeutico e sicure dal punto di vista tossicologico. Così, esistono in commercio diversi tipi di Cannabis flos, identificati in primo luogo dal loro contenuto in due principi attivi principali e successivamente dal nome attribuito loro dall’azienda che le produce. Sentiamo quindi parlare di trattamenti a base di Bedrocan, o di FM2, per esempio.

I principi attivi caratterizzanti la Cannabis medica sono i due cannabinoidi principali: il THC (Delta-9-Tetraidrocannabinolo) ed il CBD (Cannabidiolo).

Il THC è già noto al grande pubblico, in quanto responsabile dell’effetto euforizzante, e per questo protagonista sia della ricerca dello sballo sia del monitoraggio legale, non solo nei campioni biologici delle persone indagate, ma anche nelle coltivazioni di canapa industriale, che ne devono contenere meno dello 0,6% per poter essere commercializzate.
Il CBD invece non ha alcun effetto da sballo, a fronte di effetti positivi sulla percezione del dolore, sull’infiammazione e sulla nausea, per esempio, ed è anche per questo studiato con interesse non solo dalla medicina ma anche dall’industria alimentare e cosmetica.
La differenza dei vari Cannabis flos, a parità di contenuto in THC e CBD, è data anche dal tipo di pianta usata dal produttore: ogni singola tipologia in commercio contiene centinaia di cannabinoidi (composti simili a THC e CBD, presenti in tracce), terpeni e altre molecole che, pur in quantità infinitesimali, sono capaci di influire sull’effetto terapeutico finale.
Per questo non è possibile usare indifferentemente un tipo o l’altro di Cannabis flos, e la periodica carenza di queste sostanze farmaceutiche precipita i pazienti nel timore di non poter proseguire la terapia, regredendo ad una qualità di vita decisamente scadente.

Alla luce delle semplici informazioni viste finora, capiamo facilmente che il medicinale Cannabis flos non può essere trattato banalmente, inquadrandolo nelle generiche questioni della cannabis (di abuso o industriale): si tratta di un farmaco, e come tale appartenente ad una categoria di prodotti regolata secondo normative stringenti e impiegato, in scienza e coscienza, sotto stretta sorveglianza medica per completare e migliorare terapie in atto che talvolta, da sole, non riescono a restituire al paziente una qualità di vita accettabile.

Non è possibile sopperire alle periodiche mancanze autorizzando la coltivazione domestica di piantine di canapa (non otterremmo affatto un prodotto minimamente comparabile a quello medicale), ne’ tanto meno ipotizzare che la legalizzazione della droga di abuso possa risolvere le problematiche legate alla produzione, commercializzazione e impiego di Cannabis medica.


Si tratta di tematiche accomunate soltanto dal nome del loro oggetto, ma riguardano sfere di competenza completamente diverse. Vero è che richiedono entrambe interventi importanti da parte della politica. Per quanto riguarda la Cannabis medica, la richiesta delle associazioni dei pazienti e degli operatori sanitari, medici e farmacisti,  è di rinforzare sia la produzione interna (ora esclusiva prerogativa dell’Istituto farmaceutico militare di Firenze)  che l’approvvigionamento dall’estero, di agevolarne la dispensazione, autorizzando le farmacie territoriali a dispensare non solo i farmaci prodotti per richieste a pagamento, ma anche su ricette a carico del Sistema Sanitario Nazionale, e di supportare la diffusione di questa interessante possibilità di cura semplificando l’iter burocratico per la prescrivibilità, tutelando meglio i pazienti dal punto di vista legale nei differenti risvolti pratici quotidiani in cui si trovano coinvolti.

La Cannabis medica rappresenta una interessante possibilità terapeutica, sicura e personalizzabile, che mette in gioco l’impegno professionale del medico, che personalizza la cura e ne segue gli sviluppi, in stretta collaborazione col paziente, e anche del farmacista, al quale è riservata la produzione del farmaco prescritto dal medico nel laboratorio della farmacia, mettendo in atto tutte le sue conoscenze e capacità per garantire un prodotto di qualità.
La ricerca a riguardo sta procedendo a piccoli passi ma con tenacia e costanza, e conoscerne gli sviluppi e le opportunità che  offre significa aprire nuovi orizzonti alla scienza e nuove speranze per tanti pazienti.

Dr.ssa Laura Piccini

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